di Alex Vigliani
Non ti ho mai conquistata, perché da sempre mi conquisti nel senso del ritorno, nel ritorno che è nostos d’Ulisse, tu che sei Penelope, Circe, Calypso e Nausicaa tutte insieme. Tu che sei sirena e non c’è albero maestro che tenga, richiami e mi richiami ogni oltre ragionevole dubbio.
Non ti ho mai presa, perché sei tu che prendi il mio cuore, muovendo a passione, d’amore sfrenato, frenesia di libertà e passo, che all’inciampo segue l’azzurro del cielo e il fiato mozzato dalla ripida salita che m’avvince pur quando sento di averti raggiunta.
Non ti ho mai posseduta, perché sei tu che mi possiedi in ogni parte, quella parte che è più importante e che non attiene al corpo o al sudore: che è mente, sangue, linfa vitale. E non esiste altro che umana volontà abbia creato, capace di darmi quel che tu mi dai indietro, fino a dire sul più scomodo calcareo tuo trono di esser lieto tra le tue braccia.
Non c’è ascesa da calcolare in metri, non c’è guadagno e perdita d’altitudine poiché non esiste economia umana se riesco a essere amalgama con il camoscio, il cervo, l’orso schivo e il lupo, con l’aquila che dall’alto scruta. Empatico con anche il più piccolo strisciante essere che più di me vale, perché più di me vive le tue vene, il tuo profilo, i ciuffi di cardi cullati dal vento, gli anemoni timidi, il bucaneve, la genziana, l’asfodelo e i tuoi sassi modellati dall’echeggiar delle onde di un mare che un tempo ti rendeva isola.
Tu insegnalo come l’hai insegnato a me, infondi come hai fatto con molti, che non c’è niente da prendere, nulla da conquistare, che nel senso del ritorno che doni al viandante, c’è semmai il tuo di prendere e avvincere ogni resistenza perché ritorno, perché l’amore umano è ben poca cosa rispetto all’estensione infinita della tua natura.