La ricerca del paesaggio, la condivisione di un pezzo di pane: riti puri della montagna.
di Alex Vigliani
Esiste dunque una poesia cui pochi hanno accesso: quella del paesaggio.
L’arte di osservare e quindi di creare.
Dipingere il paesaggio, senza pennelli o tela.
Per la creazione dello stesso, d’altronde vi è bisogno dell’attimo prima di tutto, poi di un osservatore. Gli occhi diventano metafore di libertà che tratteggiano, quindi dipingono un non spazio – un tempo sospeso.
Camminare diventa arte, poiché mezzo attraverso cui giungere in modo sapenziale a un processo del miglioramento del sé.
La pratica per accedervi è cammino lento, spesso tortuoso, a volte faticoso, mai banale, che giunga al punto d’osservazione e dia il senso e la misura non della conquista estetica, non del compiacimento dell’Io, ma di una sconfitta nei confronti dell’immenso cui ci si abbandona nella contemplazione del proprio essere parte, medium dell’attimo.
E così, infine, lasciarsi attraversare come paesaggio.