Grecia: Il Monte Olimpo, là dove banchettano gli dei
di Alex Vigliani
Della salita al Monte Olimpo leggerete qualsiasi cosa. Relazioni veritiere e relazioni fatte all’acqua di rosa da chi non è mai arrivato nemmeno a Skala e che, fermatosi al rifugio e al caldo di due polpette e un piatto di spaghetti “alla bolognese”, ha poi immaginato la salita proiettando il tutto verso le prime – scarse – difficoltà incontrate.
Ottobre, l’autunno tinteggia le montagne e sopra le vette del Monte Olimpo non c’è la magica città di Pollon ma una spolverata che sembra talco ma non è perché è neve.
Siamo arrivati con l’aereo a Salonicco, qui abbiamo preso una macchina. Io e Luana non guidiamo, la nostra driver sarà la brava Veronica che ci sopporta pazientemente.
Scegliamo di salire da Prionia. A fare la salita da Litochoro non ci abbiamo pensato nemmeno due minuti. Il sentiero, a vista, taglia i tornanti della strada e aggiunge tempo e chilometri a una salita già di per sé impegnativa per lunghezza.
Come detto, quindi, parcheggiamo a Prionia, una frazione poco sopra Litochoro – dove ci siamo fermati anzitempo per prendere da mangiare e noleggiare – presso il 55peaks – i bastoncini da trekking che non abbiamo potuto trasportare sull’aereo.
A Prionia, al punto di partenza, c’è un bel rifugio gestito con tante cose buone. C’è parcheggio, ci sono i bagni e anche una bella mappa dei sentieri, cosa che non guasta mai.
Prendiamo l’E4. Il sentiero principia proprio alle spalle del rifugio. Sono le 14.00 grossomodo e farà buio alle 18.00. La salita, lo sappiamo, sarà di 6,5 chilometri con 1000 metri di dislivello. Punto di arrivo della giornata? Il rifugio Agapitos o Rifugio A posto a 2100 m.
La via, un tratturo bianco, è comoda. Ampia. Nei punti più pendenti ci sono parti con scalettature in legno. La segnaletica è sporadica, ma perdersi è praticamente impossibile. Di tanto in tanto, comunque, qualche cartello giallo indica il giusto percorso.
Il bosco è un caleidoscopio di colori. I canaloni che attraversiamo più volte raccontano i continui movimenti ghiaiosi della montagna. Di tanto in tanto scorgiamo tra la vegetazione fitta tra faggi (pochi) e conifere (tante) le alte vette del Monte Olimpo, un massiccio che ne conta 55 di picchi. Scopriamo quindi l’accezione “salire sul Monte Olimpo” come alquanto vaga e fuorviante.
Gennaros, Agios Antonios, Skala, Skolio e Mytikas, la punta a 2918 m, che rappresenta la vetta più alta del Monte Olimpo. Questi e altri sono solo alcuni dei nomi con cui prendiamo confidenza un tornante dopo l’altro.
Il rifugio dopo 2 h e 30′ appare ai nostri occhi. Le relazioni davano tra le 3 e le 4 ore, il tempo previsto per la salita. Non ce la siamo presa comoda, questo è evidente.
Il colpo d’occhio dal rifugio A è eccezionale. C’è il mare all’orizzonte, il tramonto che rosseggia il cielo e infiamma le vette intorno e la livrea austera del Monte Athos. C’è, poi, anche il Mytikas che incombe e una delle vie di salita.
Il rifugio è accogliente. Ci togliamo le scarpe, prendiamo il nostro sacco a pelo/sacco lenzuolo e una ragazza ci porta a vedere la stanza. I letti sono comodi, in stanze comuni. Siete, d’altronde, in un rifugio di montagna. Non al grand hotel. Quindi niente stanze per due, idromassaggi e – soprattutto – niente acqua calda. L’acqua, qui, sgorga direttamente dal ventre della montagna.
Mangiamo. E dignitosamente. Le foto sulle pareti raccontano di ascese, incontri di vetta e fauna. Un bel posto in cui le sale sono affollate da tanti giovani da tutta Europa. Quanti ragazzi saliranno domani, penso! Chissà che fila ci sarà.
Sono soprattutto tedeschi, olandesi, svizzeri, ma anche greci, croati, spagnoli, ecc. C’è anche una coppia slovena, marito e moglie, con cui parliamo del più e del meno. Lui è stato un giocatore sloveno della prima serie ed è stato vice allenatore del Gorica che giocò all’Olimpico contro la Roma nei primi anni 2000. Ma al di là di questo. Sono stati sull’Elbrus, hanno percorso il trekking del campo base dell’Everest, insomma, ne hanno di chilometri nelle gambe. Bellissimo incontro, questo, come quello con un ragazzo svizzero. Il primo, forse, a definirmi in modo tecnico l’ascesa al Mytikas che lui ha compiuto su una via più difficile della nostra “normale”.
Al mattino ci svegliamo. Il rifugio è in fermento. A Luana tutta quell’attività mattutina mette ansia. Io dico che in montagna si va presto. E’ normale. E guardo con ammirazione tutti quei giovani pronti per l’ascesa.
Quando però prendiamo la salita per altri 1000 m di dislivello scopriamo che sul sentiero non c’è quasi nessuno. Ci sono, poco distanti, i nostri nuovi amici sloveni e pochi altri. E tutti quei giovani? La maggior parte si era evidentemente fermata a dormire, a mangiare e poi a salire ci pensate voi. Ciao ciao.
Il Monte Skala posto a 2886 m offre l’opportunità di testare le gambe. La salita è impegnativa per pendenza. Tutto intorno il paesaggio è notevole. Il mare là in fondo e gli dei sopra la testa cui dedicare la fatica di una salita in forte pendenza che toglie fiato e mette a dura prova le gambe.
Quando arriviamo su c’è Zeus. Una marionetta con scritto Zeus sopra. Non so se quel Dio sia contento di questo accostamento, ma – insomma – è davvero carino e puccioso (almeno a detta delle ragazze).
Foto di rito, parliamo del più e del meno e guardiamo con sospetto il Mytikas e i suoi 2918 m. C’è la via di attacco del sentiero che è vagamente ghiacciata. C’è un traverso da fare con un po’ di esposizione e una salita al 55% di pendenza che osserviamo con la mia fotocamera e su cui sono impegnati i due sloveni. Salgono e poi scompaiono nel passaggio più problematico. Una sorta di camino in discesa, cui si accede con un pezzettino di corda d’acciaio e che riporta poi alla salita del Mytikas.
Intanto tre escursioniste tedesche, accompagnate da una Guida locale, tornano in cordata.
A quel punto faccio per muovermi e il mio ginocchio decide che ne ha abbastanza. Un dolore forte che mi toglie il fiato. Questo cambia i nostri piani che – a dire il vero – erano già poco propensi alla salita sul Mytikas per via del fatto che ci saremmo trovati soli e dover cambiare il percorso e inventarci qualche passaggi.
Ciao ciao Mytikas saluti, rotule e baci.
Proseguiamo quindi per cima Skolio (2905, 2907, 2911 m la troverete relazionata con tutte le quote) a quota 2907 m. Un bel balcone sull’altra parete del Mytikas. Da qui potremmo tornare indietro e riprendere ora l’impegnativa discesa da Monte Skala, ma non avrei il supporto del ginocchio. Continuiamo per cresta e raggiungiamo Agios Antonios a 2818 m per poi scendere, in compagnia del camosco balcanico, su via poco impegnativa ma innevata fino alla confluenza con il sentiero di salita.
La discesa per 2000 m di dislivello sulla stessa via di salita del giorno prima, zoppo, dolorante e malconcio ma strafelice della bella salita con la promessa di tornare al Mytikas.
Detto questo. La salita al Mytikas è impegnativa, tuttaltro che banale. Incontrerete tanti giudizi: facile, niente di che, fino a “ma se l’ho fatto io lo puoi fare anche tu”. Secondo il mio modesto punto di vista se non avete granché esperienza, è una di quelle salita cui si va assicurati come fanno i CAI e tanti altri gruppi. Se poi siete in compagnia di qualcuno che conosce la via potete anche osare, sapendo – però – che in alcuni passaggi è vietato sbagliare che gli Dei sono proprio lì dietro l’angolo e farli incazzare non è granché consigliato.