Il silenzio d’Appennino, quel tacere che tutto racconta
Il silenzio d’Appennino
di Alex Vigliani… Not the end, not the end
Just remember that death is not the end…
Me la canticchio a labbra chiuse, appena vibrata tra denti troppo ingombranti per fischiare bene e rendere onore come si deve a questa nenia malinconica di Nick Cave.
Il vento sibila pensieri nella testa.
Seduto tra speroni di roccia e creste innevate.
La valle, che se dal piano si allunga come una mano fino a incontrare altre montagne, da qui le arrampica e poi finisce per tuffarsi nel mare.
L’occhio si perde, traguarda azimut di luoghi conosciuti che rispondono all’appello di nomi dati dagli umani agli spiriti delle vette.
Giornata tersa, il sole è una sfera e la neve sui versanti a sud cede alla primavera. Dopo essermi fatto strada a ramponate là dove l’inverno ancora resiste e sprofondato tra i lamenti della neve che arranca sotto il sole, d’un tratto la cresta e il verde della montagna che si scopre nuda. E la parete che va giù per metri e metri fino a toccare la valle.
E mi coglie il silenzio di questo luogo. L’Appennino è silente, taciturno. E se ne sta lì compassato a imporre il silenzio.
Ama poco essere raccontato. Tra le sue pieghe, tra orridi, fiumi e laghi sibillini, cela ancora tradizioni pagane e rituali abbandonati. E così lungo tutte le sue vertebre, azzurre venature a irrorare la terra.
La memoria delle streghe, quella dei briganti, dei transumanti, dei ladri e delle spie, dei combattenti di ogni storia, vicenda o fazione. Se l’Appennino potesse parlare, quanto ancora racconterebbe. E allora preferisce tacere, non far cadere come pioggia sulla valle tutti i segreti alla mercé della folla.
E il silenzio, dimmi, quanto rumore fa?
Lo ascolti tra gli alberi, nel cinguettio della cinciarella e nel gracchiare della ghiandaia che avverte un tuo movimento; nel muoversi tra le foglie dei topolini che riprendono possesso del sottobosco, nel rotolare dei sassi da un crinale e nel gorgoglio di sorgenti nascoste nel bosco.
Fa silenzio il fiore che sboccia, la foglia che cade, la lucertola che scivola nel suo nascondiglio.
Tace la rugiada sulle foglie, tace la neve che abbandona il campo, non un lamento. E tace l’albero che cade come quello che nasce.
Fa silenzio il suono dei miei passi. Sulle rocce, sulle foglie, sul terreno del viandante battuto e ribattuto.
Fa silenzio questo vento di cresta che sibila parole e ricordi, incontra le note stonate di questa canzone appena pronunciata e se le porta lontano verso altri crinali, a infrangersi e trasformarsi in vertigine, vortice e filastrocche sulla bocca di un bambino.
Fa silenzio l’Appennino.
E il silenzio è una moneta di sole,
un nodo di vento
La, la, la, la, la, la,
when you’re sad and when you’re lonely
and you haven’t got a friend
just remember that death is not the end