Le cose che puoi trovare in montagna
Di Giulia Zaccardelli
Il 28 febbraio scorso noi della provincia di Frosinone sapevamo che stavamo facendo l’ultima escursione per almeno due settimane. Sarà per questo che i passi e il sudore, la fatica e la soddisfazione, sono state esperienze più intime, più coinvolgenti.
Con il cuore pronto a tutto ci siamo fatti accogliere dal Monte Peschio, e poi dal Romano, immersi negli Ausoni, con uno sguardo ai Lepini, agli Aurunci, alle Mainarde, all’Abruzzo e al mare.
C’erano pietre che hanno provato a spaccarci i piedi, e la foschia a negarci la bellezza dell’orizzonte; ma c’erano soprattutto l’ardore dei briganti, la cui eco riecheggia forte su questi monti, il dolce silenzio che ha attraversato i boschi al nostro fianco, e la valle che, improvvisa e sterminata, appare sempre per ristorare il nostro corpo, piegato dalla salita.
E poi c’erano davvero i briganti, e con loro c’erano vestiti colorati, cioce, pistole, orecchini e cappelli che si lasciavano guardare, ingraziandosi la nostra vista per raccontarci una vita che ora non c’è più, ma continua a rinascere, perché ricordare chi siamo stati è fondamentale per accettare chi siamo, dove stiamo andando.
C’erano i crochi, fiori lilla che custodiscono lo zafferano, che, nel silenzio della loro presenza, ci hanno sussurrato che la primavera è alle porte; c’erano pietre con fossili stratificati, che fanno viaggiare la fantasia nei millenni, ricostruendo una storia che non finisce mai.
C’erano gli uomini. Li stessi che, nei secoli, tra queste alture hanno trovato un riparo, un aiuto, che sono inciampati nella vita, nella morte, nella libertà. E così le storie del passato si sono mischiate con quelle del presente, e la montagna ci ha reso le emozioni che hanno attraversato gli uomini, che hanno attraversato la terra.
C’eravamo noi. E c’eravamo davvero, saldi e soli, immersi nella natura che dà la vita. E allora immersi nella vita, senza doverci difendere da lei. C’eravamo noi così come siamo, con le nostre gambe forti che ci sostengono durante la salita, i sorrisi autentici e contagiosi, il nostro cuore che, anche fragile, si emoziona, e le lacrime che imperlano il viso e nutrono la terra su cui, gentilmente, si poggiano.
In montagna è così: puoi essere te stesso, sarai accolto proprio per questo.
A volte lo sai che stai facendo una cosa per l’ultima volta, e la malinconia o la tristezza di una perdita, di un distacco, cedono il posto alla bramosia di avventura, al desiderio spietato di essere presente in ogni secondo di cammino.